Anteprima Bologna Jazz Festival 2023
Alziamo il sipario sul cartellone del Bologna Jazz Festival: in attesa di scoprire in autunno gli altri innumerevoli eventi, anticipiamo che Hiromi, Ron Carter, Bill Frisell, Steve Coleman e Samara Joy saranno le teste di serie di un programma destinato ad accogliere decine di altri concerti con artisti che rappresentano lo stato dell’arte del jazz odierno.
Protagonista del primo dei grandi live in teatro del Bologna Jazz Festival 2023 sarà Hiromi Uehara. La pianista giapponese è ormai un fenomeno planetario: ha conquistato le platee di tutti i continenti e ha completamente spiazzato la critica col suo stile che va oltre i limiti dell’umanamente eseguibile, con un repertorio che non pare avere confini, spaziando dal jazz alla musica classica, il rock, la fusion. La funambolica pianista sarà a Bologna il 7 novembre: presenterà il suo nuovo progetti in quartetto, “Sonicwonder”, all’Arena del Sole.
I riflettori del BJF saranno poi puntati su Ron Carter, uno dei massimi contrabbassisti della storia del jazz moderno (la sua celeberrima associazione con Miles Davis nel corso degli anni Sessanta è solo la proverbiale punta dell’iceberg di una carriera di oltre sei decenni ai vertici della “serie A” jazzistica). Il 12 novembre Carter si esibirà al Teatro Auditorium Manzoni con i Foursight, un quartetto che lascia alle sue dita una notevole parte del lavoro solistico. Ogni esibizione live di questo gruppo andrebbe riascoltata al rallentatore per apprezzare pienamente la ricchezza di spunti tematici, di trame ritmiche, di citazioni che si intrecciano come in un vasto affresco. I dettagli hanno una densità tropicale, resa quasi impercettibile dalla finezza esecutiva che conferisce alla musica una grande ariosità.
Samara Joy è stata la rivelazione della più recente edizione dei Grammy Awards, vincendone due: per il migliore disco di jazz cantato dell’anno (Linger Awhile) e come miglior artista esordiente. Migliore in senso assoluto, non riferito alla categoria jazz: di fatti è stata lei ad aggiudicarsi il Grammy per il quale erano in lizza anche i Måneskin, che i più davano per favoriti. Se a ciò aggiungiamo che le sue canzoni stanno spopolando anche sui social media, calamitando verso il jazz l’attenzione di una nuova generazione di ascoltatori, non sorprende che la giovanissima cantante newyokese sia passata rapidamente dalla gavetta allo star system. Con lei, il jazz fortemente legato alla tradizione afroamericana torna a essere un fenomeno di costume, a vibrare in sintonia con la nostra contemporaneità. La si ascolterà con il suo quartetto il 17 novembre all’Unipol Auditorium.
Bill Frisell è uno dei guitar heroes del jazz dagli anni Ottanta a oggi: con il suo trio completato da Thomas Morgan (contrabbasso) e Rudy Royston (batteria) sarà al centro della serata del 21 novembre al Teatro Duse. Dopo aver esordito su etichetta ECM (suo talent scout fu Pat Metheny), raggiunse la piena maturità artistica con le produzioni per l’etichetta Nonesuch, che lo videro trasformarsi nel campione della svolta postmoderna della musica improvvisata. Le più recenti scorribande musicali di Frisell manifestano contrasti espressivi a tinte forti: musica metropolitana a braccetto con sonorità rurali, postmodernismo e primitivismo come due vicini di casa, stilemi di genere estremamente definiti e improvvisi pastiches nei quali gli stili vengono bellamente frullati assieme, un effetto ping pong tra sperimentazione e tradizione.
In apertura di serata si esibiranno gli Unscientific Italians, formazione all stars italiana che sotto la direzione di Alfonso Santimone raccoglie i più autorevoli esecutori di quella fervida scena jazz che non è assolutamente mainstream ma che non è neanche votata alla radicalità. Un abbinamento tutt’altro che casuale, visto che questo ampio organico lavora in maniera pressoché esclusiva sin dalle sue origini sulle musiche di Bill Frisell, riarrangiate in maniera da mettere in risalto sia le interazioni solistiche che quelle collettive, illuminandone gli aspetti strutturali e timbrici.
Ancora un affondo nel grande jazz afroamericano il 24 novembre all’Unipol Auditorium, con Steve Coleman & Reflex. Il sassofonista chicagoano è una delle figure più avvincenti e affascinanti del jazz contemporaneo. Il suo nome è indissolubilmente legato al collettivo M-Base, di cui fu co-fondatore e al quale fanno riferimento le sue varie formazioni. Il trio Reflex è un vero concentrato di questa estetica musicale, coi suoi ritmi metropolitani e le strutture metriche e melodiche dalle complesse geometrie che gettano lo sguardo oltre i confini della musica occidentale.
Il Bologna Jazz Festival è organizzato dall’Associazione Bologna in Musica con il contributo di Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna, Bologna Città della Musica UNESCO, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Fondazione Carisbo, Gruppo Unipol, Coop Alleanza 3.0, TPER, Città Metropolitana di Bologna, del main partner Gruppo Hera e con il sostegno del Ministero della Cultura. Il Bologna Jazz Festival fa parte di JazzER - Powered by Gruppo Hera.